Per trattorie senza brutte sorprese
i consigli per tutti del 'Magiarozzo' di Carlo Cambi
- i consigli per tutti del 'Magiarozzo' di Carlo Cambi
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(ANSA) - ROMA, 9 NOV - CARLO CAMBI, ''MANGIAROZZO'' (NEWTON COMPTON, pp. 1.008 - 14,90 euro).
Siamo invasi da reality culinari, gli chef sono star tv che devono stupire, la cucina è diventata anch'essa spesso virtuale, ché pochi tra gli spettatori possono permettersi poi di andare in certi ristoranti dove si sperimenta davvero con fantasia (talvolta anche eccessiva). In questo contesto la riscoperta della cucina tradizionale e regionale acquista sempre più senso e, al di là delle guide che fanno notizia mettendo stelle e forchette e decretando classifiche empiree, un volume davvero utile per chi viaggia ed è curioso diventa questo di Carlo Cambi, arrivato alla sua 12/ma edizione, con quel titolo apparentemente controcorrente, ma tutt'altro che da prendere alla lettera, di ''Mangiarozzo'' (adottato dopo che il tribunale gli vietò quello originale e allusivo di ''Gamberorozzo''). Non a caso il motto messo in copertina è molto chiaro. ''E' facile mangiar bene e spendere poco se sai dove andare!'', perché il problema vero, per la gente vera, è trovare la trattoria dove si cucina con gusto e sapienza, magari anche con un po' di creatività, e vedersi poi presentare conti sostenibili. Di questi posti, in queste pagine, ne trovate ben più di mille, dalla Val d'Aosta alla Puglia, dalla Venezia Giulia alla Sicilia, con tutte le Regioni proposte in ordine alfabetico, con le località dall'A alla Z, poi messe anche tutte assieme in un indice che va da Acciano (L'aquila) a Ziano Piacentino (Piacenza), così che ovunque ci si trovi, si viaggi per lavoro, si vada in vacanza, c'è sempre un locale non lontano dove andare senza temere brutte sorprese.
''Oggi, che sovrabbonda una spettacolarizzazione della cucina che viene rappresentata e usata come un epifenomeno...
non per educare al gusto, ma per indurre all'acquisto'' scrive Cambi dicendoci, in gustose e colte pagine introduttive, come la sua passione derivi da sua nonna Linda, modenese, e dal suo quaderno di ricette e notazioni culinarie (e leggete il brano dedicato al bollito di una volta e all'uso dei suoi avanzi!), aggiungendo che cucina vera non vuol dire ''nostalgia per un tordo bruciacchiato che gira su uno spiedo sgangherato'' ma riabilitare l'abilità di chi sa ben usare oggi il girarrosto: ''Insomma non mi preoccupo se muta il significante, sono attentissimo che non venga disperso il significato. Ma questo presuppone che sia ben chiara l'origine della nostra cultura gastronomica, che ne sia salvagurdata la densità antropologica e ne venga riaffermato il valore culturale''. Insomma, ''queste pagine sono un atto d'amore'' spiega Cambi, nate quando si accorse che la cucina si stava allontanado dalla propria identità e dall'identità dei luoghi in cui era nata e c'era da riallacciare un rapporto fiduciario tra chi cucina (con amore) e chi ne usufruisce (magari con non meno amore). E in questo contesto anche lui non si sottrae al gioco dei dieci posti migliori, ''da non perdere'', che per lui sono la Tenuta Canova a Lazise (Verona), l'Agriturismo Malvarina a Assisi (Perugia), l' aRoma Osteria a Roma, Villa San Bartolo a Vittoria (Ragusa), l'Antica Bottega del Vino a Verona, l'Antico Convento L'Acchiatura a Racale (Lecce), su Gologone a Oliena (Nuoro), Il Mulino a Varazze (Savona), l'Osteria del Castello a Truccazzano (Milano) e la Trattoria Bolognesi a Castrocaro Terme (Forlì-Cesena): questi tutti con spesa media di 35 euro. Poi, leggendo il resto, si vedrà che sono molti anche i posti consigliati da 20 o 25 euro e che sono eccezioni quelli da 45, qui il massimo. Di ogni locale si dice dove si trova, lo si descrive specie se ha qualche caratteristica particolare, si consigliano i piatti migliori e le specialità, la lista dei vini e i dolci naturalmente, ma si dice anche, per esempio, se sono ben trattati i bambini e quali posti, se ci si presenta col ''Mangiarozzo'' in mano, danno omaggi (da una bottiglia di vino a un sugo della casa da portar via, o un calice per brindare o chiudere il pasto) e attenzioni particolari. Perchè anche l'ospitalità fa parte della nostra tradizione e bisogna viaggiare alzando gli occhi su un monumento ma anche abbassandoli sul piatto che ci viene servito a pranzo o cena, conoscendo la storia dell'uno e degli altri, spesso meno distante di quel che potrebbe parere se si guarda all'antropologia dei luoghi. (ANSA).